Mio padre (babbo, come lo chiamo io) era anch’egli appassionato di fotografia, da giovane. Probabilmente poi, tra lavoro, famiglia e impegni vari, ha perso questa passione, indirizzata poi più verso il video. Doveva avere anche un buon corredo, una volta, andato poi perso chissà dove, tra mille traslochi e ristrutturazioni. Non è rimasto più molto, a parte una bellissima borsa in cuoio, un flash a torcia malfunzionante e qualche accessorio. Tra le sue cose, però, trovai questo gioiellino, il Pentacon 135mm f/2.8 Auto, con attacco a vite M42.

Una volta le lenti erano tutte così, più o meno. Piccole e leggere, nonostante l’ampia luminosità e la lunghezza focale. Costruito interamente in metallo, a parte la ghiera del diaframma, con un paraluce (anch’esso in metallo) integrato ed estraibile. Possiede il pin per la chiusura del diaframma, che sulle macchine compatibili permetteva di lavorare a tutta apertura e non in stop-down come sono stato costretto a fare io.

I vetri sono piuttosto malmessi, il rivestimento superficiale è danneggiato in modo piuttosto evidente sia sulla lente frontale che su quella posteriore. Però funziona ancora, come forse non avrebbe fatto una moderna lente elettronica; montato tramite adattatore sulla Canon 1D Mark II sembra uno strano esperimento di ingegneria genetica.

La ghiera del fuoco funziona invece in modo egregio, un po’ dura (a causa del mancato uso) ma al tempo stesso fluida e precisa, senza giochi. Quella dei diaframmi ha invece perso gran parte del click ai mezzi stop, rendendo non sempre facile selezionare il valore desiderato.

Le dimensioni cadono piuttosto bene in mano, la focheggiatura è piacevole e precisa, la lente è piuttosto leggera e compatta, nonostante l’ampia apertura. Anche in questo caso l’assenza di motori elettrici di messa a fuoco, apertura e stabilizzazione contribuiscono alla riduzione del peso. Il paraluce sembra un po’ sottodimensionato, per la lunghezza focale, ma sembra lavorare bene, complice anche l’ottimo rivestimento MultiCoating che riduce i riflessi indesiderati.

Costruzione ottica

5 elementi

4 gruppi

Angolo visuale 18° (35mm)
Lamelle del diaframma 6
Apertura minima f/22
Minima distanza di MaF 1.7 m
Dimensione dei filtri 55mm
Dimensioni

diametro 60mm;

lunghezza: 89mm

Peso 470g

 


 Abbiamo messo a confronto il Pentacon 135mm f/2.8 con il molto più recente Canon 70-200mm f/4 L USM, uno dei tele-zoom più nitidi sul mercato, selezionando una focale simile, montati entrambi su una Canon 1D Mark II N, dotata di sensore APS-H da 8Mpixel. Le immagini sono state poi ritagliate ottenendo un crop al 100% che mette ben in evidenza le prestazioni delle due ottiche.

Le immagini sono ritagli dei RAW originali, modificati nel solo bilanciamento del bianco (niente nitidezza aggiunta in post-produzione) e compressi in JPG.

Pur non raggiungendo le eccellenti prestazioni del Canon, la nitidezza del Pentacon resta comunque sufficiente, a patto di chiudere almeno a f/5.6. Ad aperture maggiori la nitidezza è invece piuttosto limitata, mostrando anche un residuo di aberrazione asferica. Buoni invece i colori e l’assenza di aberrazioni cromatiche.


Di seguito, invece l’analisi degli angoli dell’immagine, dove di solito le ottiche di pregio fanno la differenza rispetto a quelle più economiche.

Le immagini sono ritagli dei RAW originali, modificati nel solo bilanciamento del bianco (niente nitidezza in post-produzione) e compressi in JPG.

Agli angoli la nitidezza rimane più o meno la stessa del centro del fotogramma, fatto abbastanza sorprendente. Si nota però una forte aberrazione cromatica laterale, piuttosto evidente proprio vicino agli angoli, ad aperture intorno a f/8. Anche quì le prestazioni del Canon restano irraggiungibili, ma è comunque da tener presente che stiamo confrontando il Pentacon con quanto di meglio c’è tra gli zoom di tale focale.


 Di seguito le immagini a confronto dell’intera mira di test, per verificare le differenze nei difetti di distorsione indotti dall’ottica. (click per ingrandire)

La distorsione è molto bassa, in pratica non avvertibile. Tale prestazione non deve sorprendere, in quanto problemi di distorsione sono più evidenti sui grandangolari e sugli zoom di ampia escursione. La vignettatura è visibile, a tutta apertura, ma comunque piuttosto lieve e facile da correggere in post produzione. Chiudendo il diaframma il problema tende a scomparire del tutto. E’ evidente come il grande diametro delle lenti giochi un fattore determinante in questo contesto.


Le prestazioni di questa lente sono risultate piuttosto buone. La lunghezza focale è un po’ eccessiva, forse, per il miglior uso che se ne potrebbe fare, quello della ritrattistica. Grazie all’ampia apertura massima ed alla buona qualità dello sfocato, infatti, può essere utilizzato con soddisfazione per primi piani e per i particolari, laddove la necessità di una messa a fuoco istantanea venga meno. Un po’ fastidiosa la minima distanza di messa a fuoco, un poco eccessiva, che limita le capacità close-up nei ritratti. Certo è possibile utilizzare dei tubi prolunga, ma la cosa diventerebbe un po’ macchinosa (reflex->tubo prolunga->adattatore->obiettivo).

Le differenze con le lenti più recenti si sentono, ma questo Pentacon è un buon modo di provare il “brivido” di un’apertura di f/2.8 su una focale così lunga. Su un sensore APS-C, il fattore di crop renderebbe il campo inquadrato equivalente a 216mm, dove la grande apertura massima è molto utile a tenere ridotti tempi di scatto, necessari ad evitare micromosso. Stupefacente la tenuta al ghosting, mai visto in nessuna foto scattata, un po’ meno il flare, dove un paraluce più lungo avrebbe attenuato molto il problema.

Questa versione è acquistabile per circa 50-60€, mentre la versione da Preset è più difficile da trovare, ma più ambita per via del bellissimo bokeh donato dalla particolare conformazione del diaframma a 15 lamelle. Un bell’obiettivo, in definitiva, che oltre a farvi divertire con la messa a fuoco manuale può dare notevoli soddisfazioni.

Qualità ottica: 4
Qualità meccanica: 6
Prezzo/prestazioni: 8
Voto complessivo: 6